Alcune poesie da Invisibile Neve

Cosa cercano per i viali battuti 

le ronde? Le scritte incrociate 

dalle dita, consumate dai cingoli 

dicono: di là non si passa. 


Ma cosa fanno passeri merlini 

tra le spire di recinti invisibili? 

Sui colmi antichi vegliano 

civette vigili: di là chiamano 

acrobati solitari, sfavilla 

dai camini la mia cara rondine. 


E mentre passa dall’indefinibile 

azzurro alla finestra, sono io 

a beccare lei sulla cornice 

nel buio tra le parole



Le finestre sono spalancate, non si vedono 

le isole di plastica al largo delle spiagge, 

non si vedono i grossi cavi che alimentano 

il paretaio mondiale, ma le luci 

sono ciminiere che fumano giorno e notte, 


alla sera, uno scricchiolio 

nell’aria lieve di un finecorsa, 

sento vagare la mia tristezza 

e quell’odore di allevamenti in batteria 

e non basta chiudere la finestra. 


Per qualcuno, lo sguardo si ferma 

sotto i lampioni 

tra le strade governate da algoritmi, 

per qualcuno lo sguardo si alza 

per affrontare il vuoto 

sotto i piedi, la terra che manca… 


E tutti hanno un recinto 

ma c’è chi non sa della bestia 

o non vuole sapere se è fatto di latta 

o di ovatta di cielo, c’è chi va 

ogni giorno per la stessa strada 

chi non esce mai dalla sua scatoletta 

che chiamano vita



Vedi come si impastano

le nuvole immobili di pece 

e lo scorrere limpido di un ruscello. 

Se alcuni lumi appoggiano sulla linea 

incerta del tuo cammino, tu 

raccoglili, non per schiarire la notte, 

non per paura di perderti… 

se abbassi la luce fai più luce. 


Il cielo non diventa più giusto

e più puro per accogliere uno stormo 

di angeli… ma i colombi? I barboni 

a volo raso tra tetti e panchine sanno 

che il fiore spento è lo stesso che riluce, 

ma di portare verità, forse non sono degni? 


Mille anni, millimetri, ci uniscono 

nell’abito di amore e di sofferenza: 

l’abbraccio infinito di una madre. 

Il paradiso è qui, per noi e per loro



Ai piedi del fanum 

le parole si inabissano tra le radici, 

le campane suoneranno presto. 


Scende il sole nel chiostro selvaggio, 

ancora un poco, 

ancora un poco la mia ragione 

si accorda al motore delle nuvole. 


Piove l’incanto ai miei piedi 

i colombi si preparano al volo



In questo fiore ci riconosciamo 

in simultanea percezione, una sola, 

di fragilità e grazia intramontabile 

oltre le continue sfioriture. 


In questo fiore si ritrovano gli estremi 

e la contraddizione mi appare, ora 

meravigliosa coincidenza. 

Qui ci incontriamo. 


Siamo quel puntino impercettibile 

nel cielo spalancato 

dove l’altalena, prima di cadere 

si ferma 


per lasciarci accadere



*

Ora che l’orizzonte è più basso 

e all’empireo si unisce la gloria dei sensi, 

la grazia ci sorprende 

feriti, sulla strada, 

ora che sue le ali sono sporche 

come le mie mani, sporche 

dello stesso sangue, bianche 

della neve che scende 

per una notte e poi scompare, 

nell’aria solo un silenzio resiste 

allo schianto di ogni giorno, 

e una parte di quel candore 

ora non più visibile, 

di lei rimane